Champions, Napoli pronto a conquistare gli storici quarti

Vigilia di Champions League in casa Napoli. Domani i riflettori dello stadio Maradona si riaccenderanno per il ritorno degli ottavi di finale, che vedrà gli azzurri di Spalletti sfidare l’Eintracht, già battuto 2-0 all’andata a Francoforte in Germania. Un risultato che ha consentito ai partenopei di ipotecare il passaggio ai quarti, mai raggiunti dal Napoli nella sua storia. Domani, quindi, Di Lorenzo e compagni avranno la possibilità di scrivere una nuova pagina del club partenopeo. Una pagina che neanche con Maradona tra le sue fila sono riusciti a scrivere gli azzurri. Azzurri che all’appuntamento con l’undici di Glasner, attualmente sesto in Bundesliga, si presentano forti del primo posto nel campionato con 68 punti all’attivo, 18 in più della seconda della classe Inter. Un primato consolidato anche in virtù del successo interno contro l’Atalanta di sabato scorso, ottenuto grazie al gol capolavoro Kvaratskhelia e al raddoppio di Rrahmani. L’indomani tutti a parlare del georgiano e a osannarne le doti tecniche.

“Kvaradona”, “Kvaravaggio”: ormai si sprecano i nomignoli per esaltare il fantasista di Tiblisi approdato sulle rive del Golfo partenopeo grazie alla sagacia del direttore sportivo Giuntoli. Con lui la terra promessa del calcio, orfana da troppo tempo di Maradona, sembra aver trovato un nuovo profeta del pallone, la cui fama ha ormai travalicato anche i confini dell’Europa e attirato la curiosità di Paesi dove il calcio non è lo sport nazionale come gli Usa. Dove persino il New York Times, il quotidiano più prestigioso al mondo, si è scomodato per intervistare il numero “77” del Napoli, che ha raccontato così la sua favola azzurra: “L’inizio è stato così fluido che sembrava un sogno. Ma a un certo punto, all’inizio, ho dovuto riprendermi, ricordare a me stesso che non era un sogno, che era la realtà, e dovevo trovare la forza in me stesso per viverlo. Tendo a cedere alla gratitudine. Sono grato per ogni pezzo di amore e affetto che le persone mi mostrano. È una fonte di motivazione e ispirazione. È una responsabilità enorme. Devo dimostrare ogni partita che posso mantenere le promesse”, ha detto Kvicha, che poi ha spiegato: “La libertà è la mia firma. È una cosa che riconosco in me stesso. È perché amo quello che faccio. Quando gioco, in un certo senso il gioco mi porta via”, ha dichiarato, per poi svelare il segreto della sua classe: giocare “con il tuo cuore, con passione” ma “anche con il tuo cervello cosciente. È più una cosa consapevole che altro, basata su ciò che hai imparato in allenamento, sugli errori che hai fatto in precedenza, sulle opzioni che ci sono. Il modo in cui gioco è sia cuore che pensiero cosciente, se non usi il cervello non migliorerai mai”, ha concluso Kvicha.

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