Ancora ombre sulla morte dell’avvocato Andrea Dini, ritrovato senza vita sull’asfalto, in canottiera e con una maschera sugli occhi. Tra le ipotesi legate alla sua morte, su cui la Procura di Frosinone ha aperto un fascicolo d’inchiesta per istigazione al suicidio, anche quella di un ricatto da parte di qualcuno che lo avrebbe indotto a suicidarsi.
Gli inquirenti, che hanno delegato per le indagini la sezione omicidi della Squadra Mobile della Questura di Frosinone disponendo il sequestro dei cellulari e del computer della vittima, hanno ascoltato i parenti, i colleghi e gli amici dell’avvocato.
Il contenuto delle chat e dei documenti contenuti nei dispositivi informatici, che ora si trovano nelle mani dei detective, potrebbero chiarire il mistero legato ai motivi che lo hanno portato al gesto estremo.
Il 50enne, un professionista molto stimato nel capoluogo della Ciociaria, è morto dopo essere precipitato dalla finestra del suo studio in via Kennedy a Frosinone martedì scorso dopo le 23. La notte della vigilia del suo funerale, nei locali dello studio da cui precipitò ci fu un misterioso furto, ma non è stato ancora chiarito cosa venne rubato.
Nella borsa che Andrea Dini, utilizzava per andare in Tribunale, la Polizia ha trovato diversi assegni emessi dalle Compagnie di Assicurazione a titolo risarcitorio per i clienti che assisteva legalmente. I familiari hanno dichiarato agli investigatori, che Dini non aveva mai manifestato propositi suicidi. Suscita sospetti anche la posizione del cadavere, ritrovato non in corrispondenza della finestra ma ad alcuni metri di distanza.