E’ formalmente indagato e si è avvalso della facoltà di non rispondere Giovanni Nacarlo, gestore dello chalet Agostino di Napoli dal quale partì la lite e la successiva sparatoria nella quale morì l’innocente Francesco Pio Maimone, 18enne aspirante pizzaiolo estraneo a vicende di camorra e a quei contesti. Dopo il tentativo di ritrattare completamente le dichiarazioni con le quali aveva identificato Francesco Pio Valda e i suoi complici, ora il pm Antonella Fratello ha deciso di non comunicare in aula i nomi dei prossimi testimoni per evitare eventuali condizionamenti, come avvenuto oggi e com’è successo nei giorni scorsi all’amico della vittima, minacciato di morte sui social.
Nel corso dell’udienza di oggi, i testimoni della polizia scientifica – Trotta, Magliacano e Stigliano – hanno ricostruito come il proiettile sia partito da 15 metri di distanza e sia stato esploso da un revolver 38 special, probabilmente una pistola Smith & Wesson. Alcuni proiettili dello stesso tipo furono sequestrati 10 giorni prima dell’omicidio dai poliziotti del commissariato di San Giovanni Barra. Maimone fu ucciso il 20 marzo dello scorso anno agli chalet del lungomare di Napoli. Tre giorni dopo, gli stessi poliziotti insieme ai colleghi della Squadra Mobile sequestrarono nella villa comunale di via Repubbliche Marinare residui di scarpe bruciate. La lite era scoppiata tra due gruppi di giovani contrapposti per una scarpa sporcata e – è la tesi dell’accusa – Valda sparò ad altezza d’uomo nel mucchio, colpendo Francesco Pio Maimone che era totalmente estraneo ai fatti, uccidendolo.