La combinazione di un farmaco solitamente usato per abbassare il colesterolo e un antiepilettico hanno, modificando la biologia del tumore, potenziato l’effetto della chemioterapia nei primi 75 pazienti (su 240) affetti da adenocarcinoma metastatico del pancreas inseriti in uno studio, nato un anno fa, da una felice intuizione dell’Unità di Farmacologia Sperimentale del Pascale, e presentato oggi a Barcellona all’Esmo, il congresso della società europea di oncologia medica.
Lo studio clinico si chiama VESPA ed è coordinato dal direttore scientifico dell’Istituto dei tumori di Napoli, Alfredo Budillon e dal direttore dell’Unità di Oncologia Clinica e Sperimentale per i tumori addominali, Antonio Avallone, è finanziato dal progetto Europeo REMEDI4all e vede il Pascale partner con altri 23 Istituzioni con l’obiettivo di costruire una struttura permanente in Europa sul “riposizionamento” dei farmaci, l’utilizzo cioè di farmaci già approvati e o utilizzati nell’uomo per scopi diversi rispetto alla loro indicazione originaria. E’ questo il caso dell’acido valproico e della simvastatina, praticamente due farmaci generici, una strategia sperimentata per molte malattie, con il vantaggio di poter risparmiare costi e tempi nello sviluppo del farmaco.
Lo studio ha coinvolto sino ad ora quattro centri italiani, oltre al Pascale , il Policlinico Gemelli di Roma, il San Raffaele di Milano, l’azienda universitaria ospedaliera di Verona, il Ramon y Cayal Health research Institute di Madrid e altri quattro centri spagnoli.
“Sino ad ora abbiamo arruolato 75 pazienti dei 240 previsti – spiega Budillon – e abbiamo superato la fase di sicurezza per cui questa nuova associazione è sicura nel senso che non aumenta significativamente gli effetti collaterali e non modifica il normale metabolismo dei farmaci chemioterapici. L’aggiunta di acido valproico e simvastatina alla chemioterapia non aumenta la tossicità né altera la farmacocinetica, cioè l’assorbimento e l’escrezione dei chemioterapici. Ci tengo anche a sottolineare – continua Budillon – che questo studio clinico è il frutto di un largo gruppo di collaboratori, comprese le associazioni di pazienti che hanno contribuito al disegno dello studio e sono coinvolte in tutte le fasi del progetto, ma soprattutto ricercatori e clinici innanzitutto del nostro Istituto che hanno intuito per primi le potenzialità di associare due farmaci generici e utilizzati per altre indicazioni terapeutiche”.